Tu chiamale se vuoi emozioni…

Giugno 17, 2024
Riccardo

Si fa un gran parlare di emozioni. Chi per esaltarle, chi per anestetizzarle.
Chi ha ragione?
Penso che, come per tutte le cose, la via aurea stia nel mezzo.

La questione sta soprattutto nel riconoscerle, comprenderle e determinare se sono utili e funzionali, sia rispetto alle risorse a nostra disposizione, sia rispetto ai nostri obiettivi e ai nostri valori.

In caso affermativo, saremo consapevoli che l’emozione che proviamo ci sta aiutando facilitandoci il compito.
In caso negativo, avremo un incentivo a fare lo sforzo razionale necessario a superarle o ad attenuarne la portata.

Esiste una definizione unanime di “emozioni”?
Purtroppo, la risposta è no.

Possiamo considerarle come uno stato mentale o sentimentale che influisce sui nostri pensieri e azioni e che si manifesta spontaneamente, anziché essere prodotto da uno sforzo conscio o razionale.
Non sappiamo molto su ciò che le scatena né conosciamo metodi sempre efficaci per eliminarle.

Spesso siamo coscienti delle nostre predisposizioni emotive e desideriamo controllarle, ma proprio non ci riusciamo.
Razionalmente riconosciamo le nostre emozioni, ma non riusciamo a gestirle.

Ad esempio, proviamo paura e nella nostra mente siamo consapevoli che magari non è giustificata dalla situazione, ma ciononostante non possiamo fare a meno di provarla, fino ad esserne paralizzati.

Grazie alla finanza comportamentale, abbiamo però abbastanza letteratura sulle implicazioni delle emozioni per le decisioni di investimento e anche qualche utile indicazione su come gestirne gli effetti.

Le nostre predisposizioni emotive sono più difficili da correggere rispetto agli errori cognitivi, perché originano dagli impulsi, dall’intuizione e dai sentimenti, anziché dalla ragione.

Possiamo però imparare a riconoscere i nostri bias emotivi e adattarci ad essi.
Questa è la buona notizia.

Perché adattarsi?
Perché le emozioni possono portare gli investitori a prendere decisioni non ottimali.

“Non ottimali” significa che:

  • non metto al lavoro in modo efficiente tutte le mie risorse;
  • non pianifico esplicitamente tutti i miei obiettivi;
  • non tengo conto dei miei valori nello stabilire le priorità e le modalità di pianificazione.

Chiunque prenda decisioni di investimento, lo fa analizzando dati e rielaborandoli per fare le proprie scelte.
Nessuno si preoccupa invece di identificare e registrare in modo sistematico il contributo delle proprie predisposizioni emotive nell’ambito del percorso decisionale.
Ossia cerchiamo di prendere decisioni su base razionale con metodi di calcolo basati su cosa e come pensiamo, anziché su come ci sentiamo.
In pratica, ignoriamo il contributo dato dalle emozioni.

La finanza comportamentale ha però individuato i 6 bias emotivi principali mostrati nell’immagine qui sopra.
È un ambito in cui la scienza psicologica, quella finanziaria e – a mio parere – anche il coaching hanno ancora molto da indagare e sperimentare.

Ma allora come possiamo gestire le emozioni negli investimenti?
Abbiamo detto che le emozioni derivano da impulsi, intuizioni e sentimenti e possono risultare in decisioni personali e non ragionate.
Cercare di alterare una risposta emotiva può essere addirittura controproducente e peggiorare la situazione.

Se stai prendendo una decisione partendo da una base emotiva e io te lo faccio notare, tu reagirai con ogni probabilità mettendoti sulla difensiva e questo non ti renderà certo più ricettivo a considerare alternative più razionali.

Molto meglio è concentrarsi sugli aspetti cognitivi dei bias.

Questo significa fare educazione finanziaria:

  • Esplicitare bene e nei dettagli il processo con cui arriviamo alle decisioni di investimento e pianificazione.
  • Spiegare il metodo della pianificazione e la teoria del portafoglio e i concetti fondamentali su cui si basano.
  • Fare ciò mantenendo un linguaggio semplice e comprensibile per chiunque.

È così che possiamo spostare il focus del processo decisionale da una base emotiva ad una base più razionale.

Il modo più efficace di fare educazione finanziaria consiste nel fare domande appropriate.

Faccio un paio di esempi senza pretesa di esaurire tutte le possibili domande:

  • Al cliente terrorizzato dall’idea di toccare il portafoglio ereditato dal nonno: “Se tu avessi vinto questa somma alla lotteria, anziché averla ereditata dal tuo povero nonno, come la investiresti?”
  • Al cliente riluttante a fare modifiche ad un portafoglio divenuto inefficiente nel tempo: “Volevi mantenere il tuo portafoglio di investimenti così com’è sulla base di un’analisi dei fondamentali economici e finanziari che è risultata adeguata alle tue esigenze, oppure il tuo intento principale era di lasciare questo patrimonio ai tuoi eredi?”

Attivare e incentivare il pensiero intelligente del cliente con queste domande, gli permette di raggiungere da solo una maggiore consapevolezza.
Questo è ciò che facilita l’adozione di un processo decisionale di investimento più razionale.

E tu pensi di essere influenzato dalle tue emozioni quando prendi decisioni?
Cosa fai per ridurne l’impatto quando fai le tue scelte d’investimento?

Raccontami la tua esperienza scrivendomi a riccardo@riccardodelorenzi.it

***
Periodicamente, descrivo come i nostri bias comportamentali agiscono e come prenderli nella debita considerazione all’interno di una corretta pianificazione finanziaria.
Conoscere i bias senza pianificare è inutile, pianificare senza consapevolezza è pericoloso.
Se trovi interessante questi temi, seguimi e iscriviti alla mia newsletter Finanza & Valori per scoprire di più.

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