Il senso di Ellis per la natura umana

Aprile 18, 2024
Riccardo

Per diventare un buon investitore bisogna conoscere la natura umana.

Classe 1937, Charles D. Ellis è un consulente, autore ed educatore finanziario.

Professore a Yale, ad Harvard e alla New York University e prolifico scrittore, Ellis è un mostro sacro del mondo della finanza e della consulenza degli anni ’80 e ’90.

Membro di spicco di diversi consigli di amministrazione di enti benefici e università, è stato in particolare Presidente del CFA Institute, l’associazione di analisti finanziari più autorevole al mondo (a cui ho anch’io il privilegio di essere associato). A tutt’oggi, il CFA lo considera come uno dei soli 12 studiosi che hanno dato un contributo fondamentale allo sviluppo delle professioni finanziarie.

Alla Greenwich Associates da lui fondata si è dedicato a lungo alla raccolta di sondaggi tra i clienti di investitori istituzionali (fondi pensione, fondazioni, ecc) per ricavare informazioni utili per la gestione dei capitali in dotazione a queste istituzioni.

È così che Ellis ha appreso forse più di chiunque altro come la natura umana si rapporti agli investimenti.

Come autore di testi di successo come La politica di investimento e Vincere al gioco dei perdenti, si è distinto soprattutto per:

  • la strenua difesa del pensiero a lungo termine e dell’approccio disciplinato agli investimenti,
  • aver messo una pietra definitiva sopra al mito del market timing (l’idea che sia possibile riuscire costantemente a comprare i minimi e vendere i massimi dei mercati - quello che io chiamo “entra-esci”),
  • la critica alla cosiddetta gestione attiva (l’idea che per un gestore sia possibile battere il mercato differenziando le proprie posizioni in titoli rispetto all’idea di replicare passivamente e pedissequamente il mercato nella sua composizione naturale).

Personaggio longevo e degno di nota insomma.

Secondo Ellis per essere un buon investitore è indispensabile formalizzare una politica di investimento che sia:

  • realistica
  • onnicomprensiva
  • ben informata
  • finalizzata ai propri obiettivi
  • orientata al lungo termine
  • strutturata secondo sani principi di diversificazione tra le diverse categorie di investimento
  • improntata ad una chiara strategia che tenga conto dei cicli di mercato e si adatti a contesti mutevoli.

Ogni investitore è unico, con carattere, situazioni e obiettivi diversi.
Questo è un dato di fatto.
E la politica di investimento deve essere formulata per tenerne conto.

Insomma, la politica di investimento è un piano d’azione comprensivo della strategia per implementarlo.
È un contratto con cui l’investitore si impegna con sé stesso ad aderirvi, tenendo conto del contesto e di aspettative realistiche sul futuro.

Questo è l’insegnamento chiave.

A corollario a questo insegnamento, Ellis sostiene la necessità, per l’investitore che vuole avere successo, di rimanere concentrati sul piano, piuttosto che farsi ossessionare dai singoli dati, informazioni o notizie di breve termine (sull’economia, sui mercati, ecc).

Nel suo libro La politica di investimento, delinea questi principi in circa novanta pagine.

Non è una bibbia. È un prontuario di facile uso.

Facile. Come investire seguendo un piano.

Infatti, Ellis parla di 3 tipi di decisione che gli investitori devono prendere:

  1. determinare la proporzione ottimale di azioni,
  2. ripartire le azioni tra diverse tipologie (ad esempio di grandi o di piccole aziende, di aziende orientate alla crescita o alla conservazione del valore, domestiche o internazionali)
  3. scegliere tra gestione attiva e passiva.

I critici di Ellis sostengono che la gestione degli investimenti sia di fatto imprevedibile: sarebbe il regno del caos e dell’errore.
In dubbio viene messa anche la stessa validità della politica di investimento nel corso del tempo, in quanto incapace di cogliere opportunità e sfide date dal contesto e inadatta a rispondere al meglio all’evolvere della vita dell’investitore.

Ellis risponde ribadendo l'importanza di una prospettiva a lungo termine nella politica di investimento, arrivando ad estenderla anche oltre la vita di un individuo per beneficiare le generazioni future.
Perciò incoraggia gli investitori a prediligere gli investimenti azionari nella loro strategia anche malgrado l'età avanzata o il pensionamento, concentrandosi sulla massimizzazione del valore reale nel tempo.

Ellis definisce così 3 approcci – quasi delle attitudini – per perseguire risultati di investimento eccellenti:

  1. l’approccio intellettualmente difficile, ossia quello totalmente razionale, improntato allo studio assiduo e approfondito dei mercati e della loro natura che può produrre risultati di notevole successo;
  2. l’approccio fisicamente difficile, che ingaggia col mercato una lotta impari nella gioconda illusione di poterlo battere, ignorando il fatto che sono in molti – troppi – a competere in questa guerra;
  3. e l’approccio emotivamente difficile, che richiede semplicemente di definire con estrema cura la politica di investimento più giusta e adatta al singolo investitore e alle sue particolari circostanze, di assicurarsi che è realisticamente fondata nella storia dei mercati, di aderirvi con determinazione e – ecco la parte emotivamente difficile – tener duro!

Ellis non si ritiene all’altezza del primo approccio e ritiene il secondo un approccio ingenuo e foriero di guai.
Per questa ragione, Ellis per sé stesso adotta l’approccio emotivamente difficile.

Uno dei più autorevoli conoscitori del rapporto tra uomo e investimenti preferisce avere un piano personalizzato.
Pare una conclusione piuttosto sorprendente.

Significa che Ellis gioca caparbiamente in difesa.
Perché Ellis conosce la natura umana.

A te non sembra una sorpresa?

Fammelo sapere scrivendomi a riccardo@riccardodelorenzi.it.
Ti leggo e ti rispondo con piacere.

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